La mia maestra era molto severa.
La mia mestra sosteneva che il peso dello zaino facesse bene all’umore e alla schiena. Nonostante qualche pedagogo illuminato avesse qinquennalizzato i sussidiari e sostenuto l’inutilità delle carpette di legno, lei aveva risolto il problema alla radice aggiungendo un Piccolo Palazzi (tentativo indecoroso di … UAAAAAAAARGHHHHHHHHHHHHHHHHHHH
Devo ripromettermi di non fare più digressioni, stavo cercando un celebre commento critico al buon dizionarietto di tante generazioni, quando da un turbine inesploso e vulcanico del gotha scientifico nazionale è uscito dal motore di ricerca il PDF che vi allego sulle origini del liguaggio del design di interni. Ve lo allego così mi dite cosa c’è scritto, perché non riesco a leggerlo, mi vengono degli svarioni pesissssimi…
La lettura del documento allegato vi ha abbagliato? Oppure non siete riusciti a leggerne più di due paginette? Lo chiedo per trovare un amico laffuori: forse da qualche parte ci sono ancora degli stupidi che come me vagano nell’ombra…
Riprendiamo dunque, dicevo, un vocabolario, ovviamente un diario su cui vergare in rosso insulti morali pesissssimi (“la storia non si inventa”, “Sono un delatore” etc…), parecchi quaderni avvolti da obbligatorie copertine più costose di loro stessi e di colori stabiliti e, guarda caso, i sussidiari degli anni precedenti. Il vero messaggio segreto editorial-educativo dei quinquennalizzatori non era infatti sfuggito al suo occhio vigile e pesatore: avevano chiaramente suddivisio il sussidio in tomi di peso crescente a mo' di allenamento dorsale! Quanto alla cancelleria, essa consisteva in una dotazione minima ben certificabile di matite, evidenziatori e penne colorate riposte dentro un pratico astuccio ispezionabile a richiesta.
Già perchè allora durante il temuto Dettato,Numerico le migliaia si scrivevano in blu, con la biro blu, le centinaia in verde, con la biro verde, le decine in rosso, con la biro rossa e la unità in nero, con la biro nera. (Se ho sbagliato la sequenza delle biro invito chiunque a segnalarmi quella corretta e le VERE MOTIVAZIONI inerenti all’indirizzo regiz@tim.it). Scusate se ho messo polemicamente i puntini sulle i, ma, nonostante fossimo tutti delle perfette e allenatissime majorettes digitali (l’esibizione della propria velocità di cambio costituisce bene l’esempio di un classico gioco da intervallo consentito e approvato), c’era sempre qualche astuto pioniere che interrompeva il monotono click-clack dei cambi di penna col sordo innesto di una biro quadricolor. Non tutti sanno cos'è, quindi è meglio descriverla: un mostruoso meccanismo a quattro refil brevettato da BIC che come un revolver ti sparava via il terribile e ripetutissimo unità/decina e proprio sul più bello, come usan fare i revolver, si inceppava. Inutile dire che il riprovevole e impudente studente settenne una volta sorpreso veniva ritualmente disconosciuto, additato pubblicamente come disonesto, (e quel che peggio con se stesso!). Tutto questo frullar di biro che lasciava quasi indifferenti noi maschietti dal nero grembiule, era una vera tortura per le bambine che, costrette al camicino bianco, venivano accusate di sudicezza. Probabilmente ho dimenticavo di dire che erano apostrofate come oche e, come tali, tenute in un’apposita area della classe denominato "lo stagno". Certo, da questo si potevano facilmente affrancare dando prova di brillantezza intellettuale, ma quella era la loro misera condizione di partenza nella società della classe. Lo stagno ci terrorizzava tutti. Lì ci finiva anche chi dei maschietti sbagliava troppo nelle risposte pubbliche delle interrogazioni turno, secondo le dinamiche previste dall’innovativo metodo ri-educativo dello scherno da gogna e da berlina.
Voi direte, i genitori lo permettevano?
Dopo qualche periodo di semplice turbamento ai loro racconti, perché si sa i bambini sono molto fantasiosi, alcuni genitori delle ragazzine insorsero contro la ghettizzazione delle figlie. In tutta risposta ne ebbero un così convincente pistolotto riguardo la necessità di prepararsi alle discriminazini del modo del lavoro e alla necessità di costruire la propria emancipazione in un mondo ancora così maschilista che nessuno osò più fiatare, anzi in capo a poco era motivo di vanto sociale avere questa e non un'altra insegnante...
E i bambini? I bambini erano bambini: non sapevano certo quanto erano fortunati ad essere bambini oggi anziché in guerra o in Biafra per esempio e, nonostante tutto, avevano un'opportunità di non diventare dei rammolliti o delle ignoranti sposine sottomesse.
Il mondo dei grandi solidarizzava complice: questo ve lo dice uno che per tre giorni ha girato tra le risa del parentado con una educativa scritta in fronte: - così scritta perché la potessi leggere allo specchio mentre mi lavavo la faccia.