…Mesi dopo mi trovavo sulla cima del Monte Vigese: il massiccio appenninico posto tra le valli del Limentra, Reno e Setta. La mattina tersa permetteva di spaziare lo sguardo dalle cime appenniniche, al santuario di San Luca presso Bologna fino alla catena alpina; posta al di là della pianura nebbiosa. Che spettacolo!
Con mio cugino Andrea eravamo stesi su uno sperone di roccia liscio a goderci il tepore del sole sulla roccia e sulla pelle.
Che vista! Che punto di vedetta formidabile!
Pensavo agli etruschi e a chi, prima di loro, aveva percorso e controllato quelle valli… Pensavo a genti antiche, dimenticate per sempre, che avevano conosciuto quel paesaggio come un'unica vergine superficie boschiva mentre ora, dopo più di 2.500 anni di presenza umana, tutto appariva placidamente violato. Strisce di asfalto come frustate a solcare le valli nelle più svariate altezze e direzioni, gli abitati in continua espansione, i campi in abbandono, le frane come piaghe aperte.
Il sole mi scaldava placidamente la faccia quando di nuovo, con la coda dell’occhio, vidi qualcosa di scuro e filiforme fare capolino per un breve momento, prima di scomparire in una grossa frattura del costolone roccioso su cui eravamo spaparanzati.
Mi alzai di scatto precipitandomi in quella direzione mentre mio cugino perplesso seguiva con lo sguardo il mio scatto e infine si decideva a raggiungermi. La frattura, dove mi era sembrato di vedere dirigersi quel “Qualcosa” si apriva verso il basso e sotto le foglie continuava in uno stretto pertugio in cui forse sarebbe passata una volpe, un tasso, uno gnomo.
(continua…)